Oggi il nostro cinefilo impertinente ci parla di THE MIDNIGHT SKY, film diretto e interpretato da George Clooney, con Felicity Jones, Kyle Chandler, Demián Bichir e David Oyelowo. Adattamento cinematografico del romanzo del 2016 "La distanza tra le stelle" (Good Morning, Midnight) di Lily Brooks-Dalton, disponibile su Netflix.

Genere: Drammatico, Fantascienza
Regia: George Clooney
Soggetto: dal romanzo di Lily Brooks-Dalton
Sceneggiatura: Mark L. Smith
Produttore: George Clooney, Bard Dorros, Grant Heslov, Keith Redmon, Cliff Roberts
Fotografia: Martin Ruhe
Montaggio: Stephen Mirrione
Effetti speciali: David Watkins, Matt Kasmir
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: Jim Bissell
Costumi: Jenny Eagan
Trucco: Natasha Nikolic-Dunlop
Attori: George Clooney, Felicity Jones, Kyle Chandler, Demián Bichir, David Oyelowo, Tiffany Boone, Caoilinn Springall, Sophie Rundle, Ethan Peck, Tim Russ, Miriam Shor
Anno: 2020
Paese: USA


Trama: Augustine Lofthouse è un astronomo che vive isolato in una stazione scientifica del Polo Nord. È il 2049, e una serie di cataclismi ha praticamente distrutto la Terra. Augustine, malato terminale, ha scelto di rifugiarsi nell’Artide, unico luogo ancora abitabile del pianeta, e di non seguire gli altri esseri umani nei rifugi sotterranei, creati per sfuggire all’aria irrespirabile in superficie. Da lì si mette in contatto con la nave spaziale Aether, di ritorno da una missione su un satellite di Giove, dove gli astronauti hanno verificato la presenza di un’atmosfera e di un clima adatti alla vita umana. Augustine scopre di non essere solo: una bambina di nome Iris si è nascosta nella sua stazione scientifica in seguito all’evacuazione.





Normalmente provo sentimenti contrastanti verso i film sui viaggi nello spazio. Non mi ritengo un fan del genere, e questo perché solitamente si tratta di versioni approssimative, che trattano temi a me cari in modo superficiale e stupido. A volte, però, fra il marasma di pessime sceneggiature in cui tocca di navigare, esce qualcosa di veramente buono e spettacolare. Ovviamente sto parlando di Interstellar, perché questo THE MIDNIGHT SKY fa parte a pieno titolo del marasma sopra citato. 


La trama è semplice perché non si dilungano certo in spiegazioni (nemmeno fosse un film di fantascienza con i viaggi spaziali): in pratica, non si sa il perché e il per come, improvvisamente l’aria della terra diventa irrespirabile. Quindi quei pochi superstiti scappano in rifugi sotterranei per cercare di sopravvivere. Il film, infatti, inizia con l’evacuazione di questa base militare in Antartide. Vanno via tutti tranne uno, che decide di rimanere lì da solo, perché tanto ha il cancro e quindi non è che gli cambierebbe poi molto. Ma già dalle prime battute fanno intendere che in realtà i bunker sotterranei non siano un gran soluzione, perché i colleghi continuano a ripetergli che, nonostante sia un malato terminale, vivrà più di tutti loro. Da qui la domanda: e allora perché voi ve ne state andando? 


Ma torniamo a noi. Il buon Augustine inizia la sua routine giornaliera fatta di cure per il cancro, sonno, cibo, alcolizzazione molesta, e tutto quello che presumibilmente farebbe un uomo nel suo stato. In più cerca ad ogni costo di mettersi in comunicazione con un’astronave, che sta facendo ritorno da un pianeta che è stato indicato come valido sostituto della terra… che coincidenza! La scena ora si sposta in questa navicella spaziale, governata da un equipaggio ridotto, che da circa tre settimane non riesce a mettersi in contatto con nessuna delle stazioni di comunicazione sulla terra. E, mentre sono distratti a fare cose da veri uomini (donne comprese), come ad esempio allenarsi, fare sessioni full immersion nei ricordi dei loro familiari montati in 3D per vincere la nostalgia, e cercare di battere uno scimpanzè in una simulazione di ondeggiamenti con le liane, nessuno, ma proprio nessuno, pensa di dare una controllata ogni tanto al percorso impostato dal pilota automatico. Fino a che non si ritrovano completamente fuori rotta. A quel punto hanno davanti una scelta davvero complicata: allungare un pochino il viaggio e metterci qualche giorno in più a rientrare, oppure attraversare una zona di spazio non mappata e potenzialmente piena di pericoli. 
Spoiler: scelgono la seconda. 


Che voglio dire: sei su un mezzo di trasporto interplanetario, che è allo stesso tempo la tua casa, l’unico ambiente adatto alla vita, e anche l’unico modo che hai per tornare sulla terra, e tu cosa fai? Ovviamente non ti preoccupi di controllare la rotta. Che poi nell’equipaggio ci sarebbe stato anche un pilota, quindi uno che di lavoro avrebbe proprio dovuto fare quello. Ma vabbè.


Ora, sebbene questi siano tipo i primi quindici minuti del film, già le situazioni senza senso si accumulano. Il fatto però è che andando avanti la cosa peggiora, ma proprio tanto, fino ad arrivare all’apice: finalmente il nostro moribondo protagonista riesce a mettersi in contatto con l’astronave ma, dopo pochissimi minuti, questa entra in una fascia di asteroidi (o quello che sono), che piovono su di lei come le maledizioni degli spettatori, danneggiando un po’ di tutto e abbattendo l’antenna radar. L’unica. Perché insomma, abbiamo mandato un gruppo di ricercatori nello spazio, ad anni luce da casa, per controllare se ci fosse la possibilità di vivere su un altro pianeta in una missione senza precedenti, perché dotarli di due antenne radar? Meglio installarne una sola e poi metterne un’altra nel magazzino e che se la montino poi loro! Così la prossima volta imparano a fare a modo con le cose. Ovviamente, qual è il momento migliore per aggiustare l’antenna? Mentre si attraversa una zona di spazio inesplorata con gruppi di asteroidi. E perché no?!


Potrei davvero andare avanti ore a parlare di ogni scena senza senso del film, ma la recensione diventerebbe lunghissima e probabilmente anche noiosa (sempre se non lo è già). È che a volte basterebbe davvero poco per rendere un prodotto molto più “credibile”, o quantomeno godibile. Non si può ridurre sempre il tutto a effetti speciali spettacolari e cast stellare. Perché George Clooney è davvero bravissimo come attore, la sua interpretazione di Augustine è fantastica e anche gli altri attori sono altrettanto bravi, ma se prendi il sacco dell’umido e lo rivesti di carta regalo mettendoci anche il fiocco, non è che diventa improvvisamente migliore. Sempre immondizia rimane.


Per tirare le somme: attori davvero molto bravi ed effetti speciali di prima qualità rendono questo film la solita cafonata hollywoodiana, sparata fuori per fare incassi grazie a qualche grande nome. Il fatto che a produrlo e dirigerlo sia stato George ci fa capire un po’ di cose: che ha un sacco di soldi, che è un regista niente male, ma che sicuramente non perde tempo a leggere le sceneggiature.

Voto: 2 (giusto per gli attori)
L’amichevole GM di quartiere.

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